Giuli, il Callido. Non va al Premio Strega e dice "non ho ricevuto i libri. Loda Massini e recita la parte del moralizzatore sul tax credit


Il racconto
Polemizza con il Premio Strega, dice "nessuna guerra al ministero", promette tax credit a "prova di truffa" e si ripara, con arguzia, nelle decisioni delle Commissioni ministeriali
Si è fatto furbo, Giuli il Callido. Adesso legge solo Montesquieu e lo Strega se lo beve. La finale del Premio Strega? “Non ci sarò, gli Amici della Domenica non mi hanno mandato i libri”. Dunque non li ha letti? “Sarà l’occasione per comprarli. Mi fa sempre piacere acquistare libri”. E dove sarà? “Con il mio omologo tedesco, per trovare risorse”. I finanziamenti tolti al Teatro La Pergola di Stefano Massini? “Ho appena parlato con Massini per verificare se La Pergola è all’altezza di Massini”. I fondi decurtati? Risponde alla Camera, al question time, che la scelta non è del “ministro della Cultura”, ma della “competente direzione generale”. E la valutazione? “Autonoma, della commissione”. Il giudizio della commissione? “E’ insindacabile ma speriamo che escano elementi reversibili su cui non vogliamo influire”. Si ripara, in Aula nell’ esprit des lois, che è il flauto del nuovo ministro della Cultura, e pirandelleggia con i 5s: “E’ così, anche se non vi pare”. Si recita con un soggetto.
Alla cultura italiana serve un ministro o un esorcista? C’è la maledizione, come quella dello scorpione di giada, e c’è la maledizione del denaro, elargito a truffatori e ora razionato a registi di teatro, il denaro che la destra rimprovera alla sinistra e che la sinistra, alla Camera, rovescia sulla destra: “La richiesta dell’assassino Kaufmann è stata avviata nel 2020, ma il denaro è stato poi liquidato nel 2023, e non c’era la sinistra”. Parla in Aula Giuli, ma le agenzie battono la notizia che non sarà alla finale dello Strega perché dice callidamente: “Sono stato sì invitato alla serata della premiazione ma non ho ricevuto, a differenza del passato, nemmeno un libro candidato”. E capiscono tutti che non è l’offesa la ragione, ma l’astuzia, il ricordo del precedente, quel ridicolo magico, perché come disse un amico all’ex ministro Sangiuliano: “Caro Gennaro, il ministero te lo ha fatto perdere Geppy Cucciari e non Maria Rosaria Boccia”. Adesso è Giuli il ministro per sottrazione che promette agli italiani: “Vogliamo un tax credit a prova di truffa”. Sottrae l’ascia alla destra, che ha fame di Dario Franceschini, la sottrae alla furia di giustizia, quando Rita Dalla Chiesa, per conto di Forza Italia, gli chiede cosa intende fare sul Tax credit dopo il caso Kaufmann e lui, con esprit: “Alla luce di un confronto costruttivo e di un attento monitoraggio, questo governo ha ritenuto necessario razionalizzare i criteri di attribuzione. Non ci saranno mai più film fantasma”. E si capisce che a Dalla Chiesa non basta quando nella replica continua: “Il sistema deve cambiare. Ogni opera deve essere tracciata, il denaro restituito, non ci possono essere zone d’ombra. Chi era responsabile in quegli anni deve dire chiaramente cosa è successo”. Sono vuoti i banchi della Lega, sono vuoti i banchi del governo, a eccezione del ministro Schillaci, che deve rispondere anche lui, alle domande parlamentari, ma non è detto che sia un male. E’ solo ma bisogna riconoscere che si sa difendere senza esagerare nello spirito, quello spirito che all’inizio fece sbandare Giuli, lo spirito che ora sa dosare come un liquore. Gli brucia solo il termine “menzogna” che usa la deputata Piccolotti di Avs, la frase, sempre di Piccolotti, “la verità è che avete trasformato il ministero in un verminaio” ma riesce a trattenersi, a non prendere fuoco e replicare: “Non mi sentirete dire mai che la vostra è una parola di menzogna, non vi darò mai dei menzogneri”. Interviene Matteo Orfini, che è callido quanto Giuli, e gli fa notare che “se i verbali delle commissione erano segreti” come facevano i parlamentari della destra a conoscere in anticipo i tagli? Dice Orfini che “tutti stanno guardando la lista dei teatri bocciati, ma io voglio conoscere presto quella dei teatri promossi”. Chi vuole bene alla Cultura, come dice, non dovrebbe gioire per questo ministero da incubo, peggio delle cucine. Chi fa la parte dell’indignato, come il deputato Amato dei 5s, che definisce Elio Germano “il miglior attore italiano e lei lo ha definito attorucolo”, alla fine del Question Time insegue Giuli “perché ministro lei dovrebbe ripartire dalla nostra mozione 5s”. Insegue collaboratori, cugini, fratelli, nipoti di Giuli dopo avergli detto “lei ministro ha fatto il bello addormentato nel losco” e Giuli, sempre callido, se lo prende sotto braccio e gli fa: “Io non ho mai definito atturucolo Germano, le offro la possibilità di scusarsi”. E’ callido quando gli chiedono dei suoi rapporti con la sottosegretaria Lucia Borgonzoni e ne approfitta per fare una lezione di grammatica: “Il ministro, tra due incidentali, apri virgolette, chiudo virgolette, punto, rifiuta di dare credito alle propalazioni di chicchessia. Non c’è nessuna guerra. E’ così anche se non vi pare”. Cita per intero la nota di Borgonzoni per poter esclamare: “Fa fede solo la dichiarazione del sottosegretario”. E si riferisce alle dimissioni della presidente Claudia Sbarigia, a quella Cinecittà che è stata un acquedotto di denaro, oltre 10 milioni di euro per la campagna Cinema Revolution, quella Cinecittà, un’altra maledizione, che hanno riempito solo i film di “sinistra” come “M, il figlio del secolo”, “Queer” di Guadagnino. Erano di sinistra o erano film che hanno funzionato? Dice Giuli che Cinecittà aumenterà la sua capacità produttiva del 69 per cento e che “con questo governo ci sarà Mel Gibson”. E c’è da sperarlo. Solo la sinistra, attenta!, può cadere nella polemica di Giuli che non va allo Strega, “perché non ha ricevuto i libri”, solo la sinistra si può far prendere per il naso e inseguire FdI che parla “di epurazione di Giuli allo Strega” e controbattere. Il 10 luglio si presenterà il bilancio di Cinecittà e si vedranno i numeri veri, presto si dovrà cercare un presidente, va cercato, ancora, un direttore della comunicazione e finanziario. Di stregato c’è solo questo ministero che non trova pace, un ministro che maledice il giorno in cui è stato nominato ministro. Gli unici libri che resteranno da leggere saranno quelli contabili.
Di più su questi argomenti:
ilmanifesto